martedì 6 dicembre 2011

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Dicembre, i dolori del parto delle stelle

Postato da fabrioggi, 11:31

Leggo sempre con interesse le liturgie di Italo, così ho fatto anche con quella di dicembre, pur non condividendone i toni, tutto sommato, ottimistici. Per meglio dire: consolatori, un po' come se, non potendo fare a meno di saltare giù in un orrido, si indugiasse sul piacere che ne deriva sentendo l'aria nei capelli scorrere via via più forte.
Caos, ecco la parola che condivido: dicembre per me è il caos, il vortice in cui con masochismo e una forte componente nichilistica, siamo costretti a cadere (l'orrido di cui sopra). Un caos fatto di parenti affamati di cotechino con lenticchie, di battute triviali in attesa della mezzanotte, di regali inutili e dannosi a vecchi e bambini, di “facciamo un brindisi…” con motivazioni imbarazzanti che scaraventano il genere umano a livelli da mesozoico.
I parenti: questa sinistra minaccia che incombe sulle vite grigie di tutti noi vivificandone i colori con i toni scuri di un Caravaggio: la sua Medusa rappresenta bene il mio stato d'animo quando li aspetto, quando li ricevo. Li amo, non posso farne a meno, ma…
E poi ci sono i preparativi, tutto è in funzione delle Feste: “lasciamo passare le feste”, per cosa? Come se le cose belle autenticamente piacevoli, che so, un viaggio, un incontro con amici, una cena a due tra marito e moglie, un cinema, dovessimo per forza meritarcele dopo essere transitati attraverso il lavacro delle feste; “lasciamo passare le feste” mi ricorda l'attesa di Katrina per gli abitanti di New Orleans.
La gente si accoltella nei parcheggi dei supermercati per uno spazio di poco superiore a quello che gli sarà assegnato nel momento del congedo definitivo, uno spazio, tuttavia, più importante di quello dell'ultimo giaciglio in quanto destinato a collocarvi un bene per molti estremamente più importante della vita stessa.
Infine una nota personalissima: il 13 dicembre, il giorno di Santa Lucia, il più corto che ci sia. Feci tempo a nascervi tanti anni fa e già allora – vigeva già il calendario gregoriano – recriminai di aver avuto troppo tempo per la più involontaria delle attività, non tanto per quel che ne sarebbe seguito, che poi è stato anche divertente, a tratti, ma per la passione di dover festeggiare il compleanno che, dopo il Natale come lo intendono i miei parenti e quelli che si accoltellano nei parcheggi, è forse la festa più invisa.
Mi astengo dagli auguri, doverosamente, ma non dallo sperare ogni bene per tutti quelli che non la pensano come me: so che sono tanti e questa è la mia consolazione.    

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