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Postato da Zia Ameliaoggi, 15:32
Il mondo si può vedere con tanti occhi, gli occhi che pensano prima di tutto al decoro, quelli che pensano alla vita in fermento.
Ciascuno privilegia ciò che sente più suo.
La piazza ne è un esempio lampante, io da vecchia nostalgica, rimpiango la piazza di una volta, quella con le panchine sotto i platani dove si trovava sempre qualcuno seduto, un vecchio con il bastone, un ciclista a riposare.
Ora è tutta bella ordinata, con il suo "perfettamente inutile" gioco in mezzo, ma che fa tanta immagine.
Ora è un bel parcheggio, sempre stracolmo di macchine che vanno e vengono, creato appositamente per gli inquilini di un palazzo che non ha nessun senso architettonico con il centro storico, ma che importa ? I portici fanno così "moderno". Paradossalmente prima, quando la piazza non era nient'altro che uno spiazzo tra strade che la lambivano e il parcheggio era selvaggio, macchine ce ne stavano molte di più.
C'è anche un'infelice e inutile fontana, senza le prerogative di una fontana che si rispetti: le mamme che trattengono i bambini che immancabilmente vogliono pucciarci dentro le mani, una panchina sottovento che quanto c'è un po' d'aria gli spruzzi ti solleticano il viso.
Questa piazza è un po' come il salotto buono da tenere sempre chiuso se no si rovina, si mette disordine, casomai venisse qualcuno deve presentare bene e fare la sua figura. Che importa se poi il divano è scomodo, le sedie scricchiolano e i bambini camminando sul muro rischiano di cadere ?
Per chi vede nella piazza un luogo vivo, il centro di ritrovo principale di una comunità, forse la vorrebbe con due panchine che si guardano e che non costringono alla scalata per raggiungerle.
Magari così i ragazzi eviterebbero di ingombrare gli scalini e forse, se ci fossero dei cestini per la raccolta differenziata, metterebbero bottiglie e lattine nel posto giusto.
Ma vedo che, come sempre, sto divagando.
Torniamo alle scritte sui muri. E' vietato scrivere sui muri. Da sempre. Però ci sono scritte sui muri vecchie di secoli. Perché, in fondo, il bisogno di qualcosa di solido e concreto come un muro a cui affidare i nostri sogni e le nostre delusioni quando tutto il resto sembra dissolversi ai nostri occhi è umano. Ci da l'idea di un segno che siamo comunque riusciti a lasciare, di una voce che, nonostante tutto, qualcuno è costretto a sentire. Fa sentire il nostro luogo di ritrovo più "nostro".
Certe scritte, poi, non fanno proprio nessun male.
Alliget hic auras, si quis obiurgat amantes,
et vetet assiduas currere fontis acquas.
(Rimproverare gli amanti è come legare l'aria,
e impedire che sempre corrano le acque di fonte.)
Pompei, vico dei Soprastanti.
Ciascuno privilegia ciò che sente più suo.
La piazza ne è un esempio lampante, io da vecchia nostalgica, rimpiango la piazza di una volta, quella con le panchine sotto i platani dove si trovava sempre qualcuno seduto, un vecchio con il bastone, un ciclista a riposare.
Ora è tutta bella ordinata, con il suo "perfettamente inutile" gioco in mezzo, ma che fa tanta immagine.
Ora è un bel parcheggio, sempre stracolmo di macchine che vanno e vengono, creato appositamente per gli inquilini di un palazzo che non ha nessun senso architettonico con il centro storico, ma che importa ? I portici fanno così "moderno". Paradossalmente prima, quando la piazza non era nient'altro che uno spiazzo tra strade che la lambivano e il parcheggio era selvaggio, macchine ce ne stavano molte di più.
C'è anche un'infelice e inutile fontana, senza le prerogative di una fontana che si rispetti: le mamme che trattengono i bambini che immancabilmente vogliono pucciarci dentro le mani, una panchina sottovento che quanto c'è un po' d'aria gli spruzzi ti solleticano il viso.
Questa piazza è un po' come il salotto buono da tenere sempre chiuso se no si rovina, si mette disordine, casomai venisse qualcuno deve presentare bene e fare la sua figura. Che importa se poi il divano è scomodo, le sedie scricchiolano e i bambini camminando sul muro rischiano di cadere ?
Per chi vede nella piazza un luogo vivo, il centro di ritrovo principale di una comunità, forse la vorrebbe con due panchine che si guardano e che non costringono alla scalata per raggiungerle.
Magari così i ragazzi eviterebbero di ingombrare gli scalini e forse, se ci fossero dei cestini per la raccolta differenziata, metterebbero bottiglie e lattine nel posto giusto.
Ma vedo che, come sempre, sto divagando.
Torniamo alle scritte sui muri. E' vietato scrivere sui muri. Da sempre. Però ci sono scritte sui muri vecchie di secoli. Perché, in fondo, il bisogno di qualcosa di solido e concreto come un muro a cui affidare i nostri sogni e le nostre delusioni quando tutto il resto sembra dissolversi ai nostri occhi è umano. Ci da l'idea di un segno che siamo comunque riusciti a lasciare, di una voce che, nonostante tutto, qualcuno è costretto a sentire. Fa sentire il nostro luogo di ritrovo più "nostro".
Certe scritte, poi, non fanno proprio nessun male.
Alliget hic auras, si quis obiurgat amantes,
et vetet assiduas currere fontis acquas.
(Rimproverare gli amanti è come legare l'aria,
e impedire che sempre corrano le acque di fonte.)
Pompei, vico dei Soprastanti.
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