Ultimi interventi sul forum
Postato da italooggi, 18:04
L'ospedale di Lanzo e la sanità in zona
La discussione sulla sanità mi sembra interessante; ritengo utile che la si continui su questo forum, in modo da poter dare ad ognuno la possibilità di scrivere direttamente in risposta agli interventi senza andare 'in coda' al fondo.
Spero che qualcuno potrà essere presente all'incontro proposto e che riesca a raccontare qualcosa a tutti: diffondendo l'informazione farà un prezioso lavoro di condivisione delle conoscenze.
Spero che qualcuno potrà essere presente all'incontro proposto e che riesca a raccontare qualcosa a tutti: diffondendo l'informazione farà un prezioso lavoro di condivisione delle conoscenze.
Postato da italooggi, 18:58
Nei commenti all'articolo mi chiedevo cos'è cambiato da quando gli ospedali erano il riferimento per tutti i cittadini locali ad oggi.
Dalle risposte ho capito di non essermi spiegato.
La mia domanda era questa: com'è cambiato il sistema del modello sanitario nazionale dagli anni '60 ad oggi, visto che ci troviamo con un paese più ricco di allora e con cittadini più poveri di servizi sanitari?
Che l'Italia sia un paese più ricco è un dato di fatto; ed è un paese più ricco non solo a parole, anche in soldoni. Ho cercato un po' di indicatori (bellissimo il sistema di dati pubblici di Google per questo) e mediamente indicano che la ricchezza del nostro paese si è almeno quadruplicata dagli anni '60 ad oggi; non altrettanto la popolazione. Chiaramente questo si riflette sul reddito medio di ognuno; purtroppo non nel reddito della maggioranza delle persone perchè è aumentata l'ineguaglianza nelle distribuzione delle risorse (indice di Gini, eloquente vedere l'Italia in mezzo all'Europa con colore diverso, o a che punto è in classifica).
Se il paese è più ricco ed i servizi sono minori la provocazione è chiara: cosa può fare la politica per riabilitare le proporzioni? se avevamo una sanità distribuita sul territorio perchè non la possiamo più avere?
In molti commenti all'articolo si parte dal dato di fatto che non possono essere mantenute piccole strutture ospedaliere, poco specializzate, a favore di una razionalizzazione, un accentramento delle funzioni. Si parte cioè dal concetto che si deve spendere meno, perchè le risorse sono esigue.
Non mi sembra un gran discorso politico; mi sembra un discorso da amministratori che ricevono un compito con limiti prefissati e lo eseguono; un povero seguire le leggi del capitalismo (ahi! qualcuno si ricorda che è la corrente ideologia?) che ormai sta mostrando più di una crepa.
Penso che un politico si possa spingere ad un livello un po' più alto; stiamo parlando di bisogni primari, non di quelli voluttuari; stiamo parlando del diritto alla salute tutelato dalla Costituzione. Stiamo parlando di gente che nei momenti più difficili della vita rischia di andare lontano per farsi trattare come fosse un numero da una struttura molto specializzata.
Se si è riusciti, quando eravamo più poveri, ad avere gli ospedali di prossimità perchè non lo si può fare oggi?
Rovesciamo il tavolo, ripartiamo da zero; ripartiamo dai diritti, diciamo, per esempio, che è diritto di tutti avere un ospedale vicino a casa.
Poi, solo dopo, pensiamo alle risorse.
Innanzitutto vediamo chi può contribuire alla spesa sanitaria a partire dal PIL; per quanto mi riguarda, ci butterei dentro tutti i proventi dai giochi d'azzardo statali (lotto, schedine, etc), i monopoli, le spese militari per le cd. missioni di pace (che producono malati, peggiorando la situazione), le concessioni demaniali etc; non sono chiaramente in grado di fare un elenco sensato, sono esempi.
In seconda istanza razionalizzarei le procedure, non le presenze. La rete rende possibili economie di scala enormi; una sola macchina per radiografie può servire centinaia di ospedali con i terminali appositi, e così TAC e quant'altro. Lo si fa in Africa, non lo si fa qui. E' possibile eseguire operazioni in telemedicina, inviare referti online, fare molte visite in telepresenza, ridurre la burocrazia ai minimi termini. (Ah, eccolo, il patito dell'internetto e del feisbum che ridice le sue vanesie fanfullaggini. Svegliatevi, gente).
In terza istanza: formazione, formazione, formazione. Anche con medicine alternative, attenzione alla persona.
L'attuale modo di risolvere i problemi corrisponde ad una strategia senza senso: accentrare le risorse sanitarie specializzandole quale futuro ha? Oggi abbiamo grandi ospedali al nord facili (per noi, ma non per tutti) da raggiungere. Domani ne avremo solo due? O uno? E dopodomani? Il centro per la cura del fegato sarà a Vienna e quello del polmone a Londra? Gli autisti della croce rossa prenderanno il brevetto da pilota? E noi che faremo, preferiremo morire tranquilli accanto alla finestra di casa piuttosto che curarci in una qualsiasi asettica banlieu?
Assistiamo a strategie di breve termine, a manovre di basso cabotaggio, a voli rasoterra: possiamo chiedere ai nostri politici un volo alto, una proposta forte, una strategia che si occupi di tempi dell'ordine del secolo? O siamo costretti a guardare queste piccole politiche che rispondono solo alla distribuzione dei fondi?
Non voglio esagerare con questo discorso, non sono un politico, sono un cittadino; ma se trovassi qualcuno con una visione che parli al futuro come l'esempio che ho fatto sarei felice di sentirlo, sarei contento di scoprire qualcuno che si interessa veramente di sanità e territorio.
Dalle risposte ho capito di non essermi spiegato.
La mia domanda era questa: com'è cambiato il sistema del modello sanitario nazionale dagli anni '60 ad oggi, visto che ci troviamo con un paese più ricco di allora e con cittadini più poveri di servizi sanitari?
Che l'Italia sia un paese più ricco è un dato di fatto; ed è un paese più ricco non solo a parole, anche in soldoni. Ho cercato un po' di indicatori (bellissimo il sistema di dati pubblici di Google per questo) e mediamente indicano che la ricchezza del nostro paese si è almeno quadruplicata dagli anni '60 ad oggi; non altrettanto la popolazione. Chiaramente questo si riflette sul reddito medio di ognuno; purtroppo non nel reddito della maggioranza delle persone perchè è aumentata l'ineguaglianza nelle distribuzione delle risorse (indice di Gini, eloquente vedere l'Italia in mezzo all'Europa con colore diverso, o a che punto è in classifica).
Se il paese è più ricco ed i servizi sono minori la provocazione è chiara: cosa può fare la politica per riabilitare le proporzioni? se avevamo una sanità distribuita sul territorio perchè non la possiamo più avere?
In molti commenti all'articolo si parte dal dato di fatto che non possono essere mantenute piccole strutture ospedaliere, poco specializzate, a favore di una razionalizzazione, un accentramento delle funzioni. Si parte cioè dal concetto che si deve spendere meno, perchè le risorse sono esigue.
Non mi sembra un gran discorso politico; mi sembra un discorso da amministratori che ricevono un compito con limiti prefissati e lo eseguono; un povero seguire le leggi del capitalismo (ahi! qualcuno si ricorda che è la corrente ideologia?) che ormai sta mostrando più di una crepa.
Penso che un politico si possa spingere ad un livello un po' più alto; stiamo parlando di bisogni primari, non di quelli voluttuari; stiamo parlando del diritto alla salute tutelato dalla Costituzione. Stiamo parlando di gente che nei momenti più difficili della vita rischia di andare lontano per farsi trattare come fosse un numero da una struttura molto specializzata.
Se si è riusciti, quando eravamo più poveri, ad avere gli ospedali di prossimità perchè non lo si può fare oggi?
Rovesciamo il tavolo, ripartiamo da zero; ripartiamo dai diritti, diciamo, per esempio, che è diritto di tutti avere un ospedale vicino a casa.
Poi, solo dopo, pensiamo alle risorse.
Innanzitutto vediamo chi può contribuire alla spesa sanitaria a partire dal PIL; per quanto mi riguarda, ci butterei dentro tutti i proventi dai giochi d'azzardo statali (lotto, schedine, etc), i monopoli, le spese militari per le cd. missioni di pace (che producono malati, peggiorando la situazione), le concessioni demaniali etc; non sono chiaramente in grado di fare un elenco sensato, sono esempi.
In seconda istanza razionalizzarei le procedure, non le presenze. La rete rende possibili economie di scala enormi; una sola macchina per radiografie può servire centinaia di ospedali con i terminali appositi, e così TAC e quant'altro. Lo si fa in Africa, non lo si fa qui. E' possibile eseguire operazioni in telemedicina, inviare referti online, fare molte visite in telepresenza, ridurre la burocrazia ai minimi termini. (Ah, eccolo, il patito dell'internetto e del feisbum che ridice le sue vanesie fanfullaggini. Svegliatevi, gente).
In terza istanza: formazione, formazione, formazione. Anche con medicine alternative, attenzione alla persona.
L'attuale modo di risolvere i problemi corrisponde ad una strategia senza senso: accentrare le risorse sanitarie specializzandole quale futuro ha? Oggi abbiamo grandi ospedali al nord facili (per noi, ma non per tutti) da raggiungere. Domani ne avremo solo due? O uno? E dopodomani? Il centro per la cura del fegato sarà a Vienna e quello del polmone a Londra? Gli autisti della croce rossa prenderanno il brevetto da pilota? E noi che faremo, preferiremo morire tranquilli accanto alla finestra di casa piuttosto che curarci in una qualsiasi asettica banlieu?
Assistiamo a strategie di breve termine, a manovre di basso cabotaggio, a voli rasoterra: possiamo chiedere ai nostri politici un volo alto, una proposta forte, una strategia che si occupi di tempi dell'ordine del secolo? O siamo costretti a guardare queste piccole politiche che rispondono solo alla distribuzione dei fondi?
Non voglio esagerare con questo discorso, non sono un politico, sono un cittadino; ma se trovassi qualcuno con una visione che parli al futuro come l'esempio che ho fatto sarei felice di sentirlo, sarei contento di scoprire qualcuno che si interessa veramente di sanità e territorio.
Puoi disabilitare l'invio delle novità dalla pagina del tuo profilo. clicca qui